Il tabacco va conservato in un certo modo a seconda del tipo di lavorazione che ha subito. Sigari caraibici e toscani hanno bisogno di accorgimenti particolari, ma non difficili da seguire, per fare in modo che possano dare il meglio di loro durante la fumata.
I sigari toscani
I sigari toscani sono stati per decenni considerati sigari popolari, e in quanto tali fino a una decina di anni fa non si è sentito il bisogno di dare a chicchessia alcun consiglio particolare in tema di gestione e conservazione. Si è sempre ritenuto che i sigari toscani, essendo autoctoni, necessitassero di meno accortezze rispetto ai caraibici, per i quali Davidoff aveva inventato l’humidor; per secoli, il consiglio è stato generico: conservate i toscani in luogo fresco, asciutto e al riparo dalla luce. Un aspetto interessante è che si è sempre cercato di evitare che i sigari fossero troppo umidi, piuttosto che troppo secchi, all’opposto dei sigari caraibici: molti fumatori ricorderanno Bud Spencer rigirare tra le dita un sigaro all’orecchio proclamando che “un toscano che non canta è come un Chianti che non profuma”. Negli ultimi dieci anni si è imposta la tendenza a conservare i toscani in humidor, talvolta a umidità piuttosto elevata. Se questo genere di conservazione non crea particolari problemi ai toscani prodotti con tabacco di grado medio-leggero (ossia con un tessuto fogliare non molto spesso, e quindi astrattamente più simile a quello del tabacco avanense), quelli composti di tabacchi più ricchi e spessi, che sono poi anche quelli qualitativamente migliori, soffrono le eccessive umidità, così come gli sbalzi. Diversamente da gran parte dei tabacchi caraibici, il Kentucky è un tabacco generalmente spesso e ricco di oli e resine, con una combustione meno rapida. Ne consegue che molti consigli che generalmente vengono dati ai fumatori di caraibici non valgono per i fumatori di toscani. Allo stesso modo, per quanto concerne l’umidità, più ricco è il tabacco impiegato, minore dovrà essere la UR (Umidità Relativa) di conservazione. Volendo dare un’indicazione di massima, consigliamo tra il 50% e il 60% di UR (Umidità Relativa).
Oltre metà fumata è abbastanza normale, per qualche neofita, che il sigaro si spenga da sé, in questo caso bisognerà “rianimarlo”. Meglio farlo prima che si raffreddi: pareggiando il focolare spento, eliminando la cenere attaccata, soffiando nel sigaro per eliminare il fumo vecchio e riaccendendo il sigaro come fosse nuovo.
I sigari caraibici
La conservazione dei sigari caraibici è da sempre oggetto di dibattito tra gli aficionados, poiché è vero che, entro certi limiti di flessibilità, i canonici parametri di conservazione variano anche in funzione del gusto personale e della tecnica di fumata di ciascuno. I fumatori più lenti, ad esempio, spesso trovano che qualche punto in più di umidità in conservazione sia più consono al loro modo di fumare, altri invece tendono a conservare più “asciutto”.
Il margine soggettivo però non implica l’assenza di un parametro oggettivo di conservazione. Si ritiene che una somma di 90 punti, tra umidità e temperatura (tipicamente con un optimum a 20°C e 70% di UR) sia la più idonea alla conservazione dei sigari caraibici. Questo indipendentemente dal fatto che l’humidor o l’ambiente di conservazione sia climatizzato o meno. In caso quindi di aumento o diminuzione della temperatura, si regolerà di conseguenza l’Umidità Relativa, per far sì che la somma sia sempre attorno ai 90 punti (es. 68% a 22°C oppure 72% a 18°C).